Autore Immagini e Testo | Ciro Teodonno |
Nome Sentiero | Il Monte Somma |
Numero Sentiero | 3 |
Colore Identificativo | Verde |
Distanza | 12,2 km |
Dislivello | 500 m |
Tempo di percorrenza medio | 9,30h |
Difficoltà | Alta/EE CAI |
Traccia KML | Download |
Ultimo aggiornamento | 19-04-2020 |
Il sentiero n.3, “il Monte Somma”. Tra corvi e poiane e con la testa tra le nuvole ma non troppo! In cima all’antico e scosceso cratere nel rispetto della natura e della tradizione.
Ufficialmente il percorso n°3, quello che conduce in vetta al Monte Somma, precisamente su Punta Nasone (m.1.131 slm.) ha inizio ad Ercolano, dalla cosiddetta strada del Vesuvio, via Contrada Osservatorio o, se vogliamo essere più precisi dalla Strada Provinciale del Vesuvio, oggi condivisa col comune degli Scavi che la amministra da quota 800 in su. Infatti vi si accede, superata la zona cosiddetta delle Baracche Matrone, dopo un tornante a quota 689, qui troverete un cancello verde, generalmente chiuso e da dove ha inizio un sentiero che si inoltra nel bosco di Robinie e che lascia ancora intravvedere ciò che resta della struttura a nido d’ape del piano di calpestio e che serviva a segnare il sentiero per le persone diversamente abili. Purtroppo quest’illuminata iniziativa che vedeva il Parco Nazionale del Vesuvio all’avanguardia nel facilitare la fruizione anche agli ipovedenti delle aree protette, ha ceduto il passo alle intemperie così come all’incuria ed all’ultimo grande incendio del 2017, stesso destino seguito dalla segnaletica Braille e buona parte delle opere di ingegneria naturalistica lungo questo ed altri percorsi del Parco.
Il sentiero è raggiungibile da valle anche per altre vie e che in seguito tratteremo più nello specifico; quello che preferiamo è però il cosiddetto sentiero delle capre che da via Panoramica a San Sebastiano, attraverso Casa Barone a Massa, s’inerpica fino alla curva dei 700 metri del n°3, senza toccare più asfalto e in perfetta armonia con la natura.
Il tracciato che invece vi illustrerò è quello canonico, quello ad anello e che parte dal comune di Ercolano. I circa 900 m. di strada “attrezzata”, di cui vi abbiamo parlato, hanno di bello il fatto che tra aprile e maggio vi si è accolti dalle timide ma tenaci orchidee vesuviane (qui in prevalenza l’Orchis papilionacea) dal muscari e dal gigaro; a giugno invece il giglio di San Giovanni (il giglio martagone) rimarca con la tradizione il cambio stagionale.
A quota 719 si giunge a un primo bivio proprio lì, sulla destra, in prossimità di quel che resta di un cartello illustrativo incominceremo la salita verso i Cognoli di Giacca prima elevazione che ci condurrà attraverso i Cognoli di Pollena, di Trocchia e quelli di Sant’Anastasia fin su, verso il profilo d’indiano del Nasone. Sulla sinistra si scorge inoltre una scalinata che porta giù verso il sentiero denominato della Castelluccia e quello delle capre che scendono fino ai 300 metri presso Massa di Somma attraversando il bosco del Molaro. Altro accesso è quello che a quota m. 437 e, a poco più di 7 Km dall’ingresso ufficiale di Ercolano, parte da Santa Maria delle Grazie a Castello nel comune di Somma e confluisce nel n°3 presso la località della traversa ma, come abbiamo accennato e vedremo più avanti le vie che connettono questo lungo sentiero con l’area pedemontana sono molte.
Proseguendo su di un tracciato in discreta e progressiva salita facendo attenzione ai pochi segnavia verdi superstiti, raggiungeremo una serie di balconate che dapprima mostreranno splendidi scorci ma poi evidenzieranno, sui Cognoli di Sant’Anastasia, le due facce del nostro Vulcano quella dell’anello urbanizzato che lo strozza e la natura che resiste sostanzialmente ancora intatta nella valle dell’Inferno, purtroppo etimologicamente più vicina la suo nome dopo l’incendio del 2017. Verso i 2,13 km a 967 mslm. il percorso incomincia a essere poco leggibile anche perché i segnavia nascosti dalla vegetazione non sono sempre visibili.
Ai 1.092 metri dopo 2,72 km inizia un tratto ripido e sdrucciolevole anche in questo caso, oltre l’ovvia prudenza, sono necessari i bastoncini telescopici per un migliore equilibrio. Raggiunti i 1.107 m. di quota prestare attenzione al ciglio a strapiombo dei Cognoli di Sant’Anastasia (la parola Cognolo potrebbe stare per cumulo di detriti e accostato in questo caso alle antiche emergenze laviche che coronano il Somma ma anche ricche di materiale piroclastico per cui l’analogia potrebbe anche starci) e mantenete la sinistra facendo molta attenzione al sentiero non sempre segnato ad eccezion fatta di qualche sporadico segnavia. Scendendo ai 1.098 e mantenendosi con attenzione a sinistra della cresta, ci si imbatte, dopo pochi passi, sulla destra, in una frana molto pericolosa perché seminascosta e in discesa, non è segnalata, fatta eccezione per un paio di corde statiche, messe a mo’ di passamano per condurre gli escursionisti su un terreno meno accidentato e più stabile. Ad ogni modo sarebbe opportuno aggirare l’ostacolo, allargandosi nel bosco scosceso ma meno pericoloso.
Poco dopo, prima di guadagnare il sentiero boschivo immerso tra i castagni bardati di frondosi licheni, il percorso scende ripidamente verso valle e bisogna quindi prestare la dovuta attenzione. Anche in questo caso, le corde superstiti, quelle risparmiate dai ladri imbecilli, vi saranno d’aiuto. Purtroppo, a quota 1.084 dopo 3,60 km di percorso, prima di voltare a destra per l’ultima tirata verso il Nasone, incontriamo i primi residui delle festività sommesi. Purtroppo la passione e la devozione dei cittadini di Somma Vesuviana non sempre corrisponde a un corretto senso civico. Non sempre la pulizia delle paranze storiche evita il triste spettacolo che accoglie gli escursionisti man mano che ci si avvicina alle baracche che annunciano la cima d’o Ciglio.
Tra le due date principali delle celebrazioni, il primo sabato dopo Pasqua e il tre maggio, esiste un notevole e incontrollato afflusso di pellegrini e gitanti che spesso lasciano sul percorso il peggio di sé, sporcando, deturpando e distruggendo il lavoro altrui e macchiando l’immagine di una festa unica e che meriterebbe ben altro rispetto e partecipazione.
A m. 1.114 sul livello del mare, al fianco di una grande croce di ferro incontriamo la piccola cappella della Mamma Schiavona o Mamma Pacchiana come altri più opportunamente la definiscono. Lì, in questo grazioso luogo di pietas popolare, troverete il simulacro della Madonna di Castello (l’originale è conservata nella chiesa in località Castello) e un libro di quota dove potrete apporre la vostra firma a suggello della vostra piccola grande impresa.
Dopo esservi ristorati seguirete lo stradello che da dietro l’edificio sacro conduce al punto più alto dell’itinerario, Punta Nasone, con i suoi 1.131 metri certificati da un punto di rilevazione trigonometrico dell’IGM, lì si potrà ammirare il Gran Cono (Nord), tutta la Valle dell’Inferno, dai Cognoli di Levante (Sx/SE e dove si potranno intravvedere i Lattari) fino all’Atrio del Cavallo (Dx/SO) intravedendo il Golfo con la Penisola Sorrentina, Capri e la città di Portici (Ovest) incastonata tra Colle Umberto, la caldera del somma ed i cognoli di Giacca. Questo luogo meraviglioso ‘O Ciglio, sarà ideale per una sosta pranzo, esposto sia ai venti che al sole, valuterete voi se preferirlo o meno alle baracche.
Per la discesa si prenderà, appena pronti, il sentiero che sta proprio di fronte alla cappellina e che scenderà in maniera irregolare vero valle, prima seguendo il canalone della strascina per poi divenire un sentiero vero e proprio con numerosi tornanti e deviazioni; consigliamo vivamente di seguire il tacciato più battuto.
A questo punto, dopo 5,49 km totali siamo finalmente giunti sul piano, dove oltre ad un paio di baracche ad uso festa e scampagnate, troveremo un’edicola votiva, sempre dedicata alla Madonna. Siamo giunti alla “Traversa”, là dove si fermano le auto che portano le masserizie per le feste devozionali. Ci separano dal termine dell’anello circa sei chilometri di percorso dove solo la stanchezza e le numerose frane potranno rallentare la nostra tranquilla marcia nel bosco mesofilo, un bosco con un
fabbisogno idrico medio dove con un po’ di fortuna e molta attenzione potremmo incontrare qualche volpacchiotto alle prime armi.
Dai miei recenti sopralluoghi un tratto del percorso fino ed oltre il ponte del Sambuco ho riscontrato parecchie frane, anche di una certa pericolosità, con fronti aperti per cui in continua evoluzione. Numerosi sono gli alberi caduti che renderanno ulteriormente impegnativa la prosecuzione. Superato l’unico ponte di legno risparmiato dall’incendio, il sentiero va gradualmente migliorando fino a divenire, vegetazione spontanea permettendo, aperto e pulito e questo per più della metà del suo percorso totale (sul tratto Traversa-Strada Provinciale). Quel percorso che anticamente prendeva il nome della Strada delle Baracche per le strutture in muratura presenti all’incirca 1,750 m. dal cancello verde che affaccia sulla SP del Vesuvio (entrata principale); meta finale del nostro anello escursionistico.