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Rischio Vesuvio e piani di sicurezza

il_mattino_rischio_vesuvioMartedì 25 agosto, un articolo pubblicato sulle pagine del quotidiano Il Mattino, a firma di Franco Mancusi, riportava la notizia della presunta ed imminente eruzione del Vesuvio basata sulle dichiarazioni rilasciate alla rivista Nature, dai due vulcanologi italiani Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo.

«A titolo personale qualche studioso cerca un soffio di notorietà -commenta il giornalista- impressionando cittadini, buontemponi e mass-media pronti ad ospitare falsi scoop facili».

A supportare tale considerazione, Mancusi riporta alcuni stralci del comunicato con cui il Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Giuseppe De Natale, smentisce quanto dichiarato dai due studiosi, esprimendo dubbi relativi alla stessa pubblicazione sulla rivista Nature.

«Tutto sereno sotto il cielo dei vulcani napoletani? Non proprio -conclude Mancusi-, perché se al momento non c’è il minimo segnale di allarme, fermi a zero risultano i piani di sicurezza, che la Protezione Civile avrebbe dovuto attuare nei territori a rischio dopo l’approvazione a tavolino. I promessi interventi di prevenzione all’interno delle due zone rosse (che comprendono ormai gran parte del capoluogo) non sono mai partiti. I programmi di conoscenza e di educazione sono fermi al palo».

Queste ultime affermazioni del giornalista non sono passate inosservate ai membri del Dipartimento Protezione Civile che, mezzo ufficio stampa, hanno inviato al Mattino una lettera (vedi foto), pubblicata mercoledì, il cui intento è precisare che i piani di sicurezza non sono affatto «fermi a zero», così come dichiarato da Mancusi: «Il Dipartimento Nazionale, in stretto accordo con la struttura regionale di protezione civile e con l’Ingv, ha avviato numerose attività per l’aggiornamento della pianificazione: ridefinizione delle zone rosse sulla base del nuovo scenario scientifico di riferimento, aggiornamento a tutti i livelli dei numerosi elementi di cui si compone il piano globale, ridiscussione con le regioni dei gemellaggi, individuazione di una corretta veste giuridica per la pianificazione finale. Per non parlare dei corsi di formazione per i tecnici comunali, per il personale delle strutture operative territoriali e delle componenti del sistema di protezione civile coinvolte quotidianamente nelle attività di preparazione e pianificazione».

Non si lascia attendere la risposta di Franco Mancusi che ribadisce, motivandolo ulteriormente, quanto già precedentemente scritto: «I piani di sicurezza, approvati a tavolino, non hanno trovato sinora la necessaria attuazione pratica. Bloccate da oltre dieci anni le prove di fuga, dissestate le arterie di uscita dai territori a rischio, non ancora dragati i porti, potenziate le ferrovie, ristrutturate le vie d’acceso ai grandi nodi autostradali. Neppure uno straccio di segnaletica è stato mai realizzato nei punti caldi dell’area vulcanica napoletana. Nessuna notizia dei promessi programmi di educazione e di conoscenza dei fenomeni legali all’emergenza».

Insomma, Mancusi ha perfettamente ragione, siamo ancora alle calende greche dal punto di vista delle tematiche connesse al rischio vulcanico. Lo stesso piano di evacuazione comunale, per un piccolo comune come il nostro, inserito a ragione in zona rossa non è mai stato reso noto a noi cittadini.

C’è molto fa fare ed è necessario che si faccia.

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