La visita al Gran Cono del Vesuvio è una delle esperienze più belle che un turista in giro per la Campania possa fare. Nonostante il senso diffuso di abbandono ed il degrado dilagante, la natura generosa ed il paesaggio frastagliato e mai banale, la vista persa nel blu dell’orizzonte con Napoli addormentata e Regina, continueranno a stupire al punto da mitigare rabbia e malumore, inevitabili per chi percepisce le enormi potenzialità inespresse e soffocate dell’area.
In auto si può raggiungere il sentiero del Gan Cono, numero 5 del Parco Nazionale del Vesuvio, percorrendo l’autostrata A3 in direzione Salerno. E’ possibile uscire ad Ercolano, oppure a Torre del Greco. Nel primo caso si dovrà proseguire per la località San Vito, percorrendo una strada ripida che attraversa abitati costruiti proprio alle pendici del Formidabil Monte e dominati ovunque dalla sua imponente presenza. Di prima e seconda ci si arrampicherà lungo stretti tornanti, angusti ma piacevoli, da cui sarà possibile godere, senza distrarsi troppo dalla guida e procedendo molto lentamente, di scorci panoramici unici sulla costa napoletana e le isole. Da Torre del Greco le condizioni della via carrabile, che guarda caso si chiama proprio Vesuvio, sono decisamente migliori. E’ la strada del resto praticata dagli autobus che quotidianamente si recano al Cratere. Saranno le indicazioni, piuttosto puntuali, a guidare il visitatore verso l’imbocco dell’una o dell’altra via. Entrambe conducono ad una sorta di spartitraffico realizzato con la bellissima scultura in pietra lavica Listening with Eyes.
Listening with Eyes, dell’artista olandese Mark Brusse, è una delle dieci sculture della mostra permanente Creator Vesevo. Inaugurata nell’ottobre del 2005, l’esposizione reca le firme di illustri artisti di caratura internazionale, le cui opere rappresentano il nobile tentativo, attraverso l’arte e la cultura, di dare un’ impronta nuova a luoghi e paesaggi già di per sè belli ed interessanti, ora “museo” a cielo aperto. Un riappropiarsi silenzioso del territorio che invita ancor più al rispetto ed alla tutela. Non c’è dubbio che si tratti di un’iniziativa lodevole e suggestiva, fallita, purtroppo, sul nascere. Passeggiare o guidare, immersi nei ciuffi gialli di ginestre e nel verde che via via ricopre la grigia e malinconica pietra lavica, fra enormi sculture che invitano a riflettere sul senso della precarietà della vita, che nulla è al cospetto di un gigante oggi silente e generoso, ma pur sempre forza naturale incontrollabile ed impulsiva, è un’esperienza emozionante. Vedere tutto questo soffocato da rifiuti ed erbacce o delimitato da enormi massi posti sul selciato alla rinfusa per evitare la sosta delle auto, porta ad una riflessione amara chi ancora è capace di senso critico e di indignarsi di fronte alla follia umana, all’incomprensibile volontà di rovinare indiscriminatamente tutto, che sia stata la natura o la mano dello stesso uomo a creare.
Arrivati in corrispondenza dell’enorme masso che ascolta con i suoi occhi imperturbabili non ci si può sbagliare. Occorre continuare a salire imboccando lo stretto ingresso di via Contrada dell’Osservatorio. La strada è asfaltata ed in buone condizioni. Il primo tratto ha una pendenza non troppo elevata. Lo sguardo si perde fra il panorama a sinistra che offre una visione insolita del capoluogo campano e le sculture in pietra a destra. La prima curva a gomito è anticipata da un piccolo edificio, oggi all’abbandono, gestito un tempo dall’Ente Parco che fu sede del centro visitatori ed aveva lo scopo di fornire informazioni e soddisfare la curiosità dei numerosi turisti. Ci pensa il bellissimo Torso del Vesuvio dello spagnolo Miguel Berrocal a distogliere di nuovo il pensiero dalla ricerca di un “perchè” mentre la strada continua a salire fra dolci tornanti. Poche centinaia di metri e le lave delle eruzioni ottocentesche, con le caratteristiche formazioni a corda, costituiscono il primo piano di una vallata che degrada dolcemente verso il mare ed obbliga lo sguardo a posarsi sulle sinuose forme di Capri e le linee invidiabili della costa sorrentina.
Dopo poco sulla destra, proprio di fronte al ristorante Kona, un cancello segna l’ingresso del sentiero n°4, la riserva del Tirone – Alto Vesuvio. Luogo protetto di rara bellezza, si snoda attraverso un tracciato prevalentemente pianeggiante che consente di raggiungere, passeggiando in un fitto bosco di pino domestico, intervallato da macchie di leccio ed altre essenze mediterranee, la strada Matrone. La riserva, istituita nel 1972 per proteggere la cinta craterica, è gestita dal Corpo Forestale dello Stato ed è solitamente chiusa al pubblico. Per visitarla occorre richiedere, con un certo anticipo, un permesso all’Ufficio Territoriale per la biodiversità di Caserta. Lo scorso 24 maggio, in occasione della Giornata Europea dei Parchi, con un apposito evento coordinanto dall’Ente Parco Nazionale del Vesuvio si è stabilito di aprire la pineta ai visitaori ogni prima domenica del mese, così sarà fino al prossimo 26 ottobre.
Proseguendo lungo la via carrabile, dopo una serie di suggestivi tornanti, ci si troverà al cospetto di un edificio abbandonato un tempo sede del “Ristorante Zi Rosa”. Le condizioni attuali del locale, vandalizzato completamente e reso inagibile, rendono difficile immaginare che quel luogo fosse un importante punto di ritrovo per le numerose comitive in visita al vulcano. Vi si gustavano i piatti tipici della tradizione campana e gli squisiti vini prodotti in zona. Parcheggiando l’auto nei pressi del ristorante e percorrendo la via a ritroso per un centinaio di metri, ci si imbatte in un pannello di legno dell’Ente Parco Del Vesuvio che annuncia il punto di partenza/arrivo di due bellissimi sentieri: il sentiero n°8, noto come del Trenino a Cremagliera che conduce nel comune di San Sebastiano al Vesuvio ed il sentiero n°9 o del Fiume di Lava. Lasciando invece il ristorante sulla sinistra e deviando dall’arteria principare per imboccare la strada sulla destra, è possibile raggiungere la sede storica dell’Osservatorio Vesuviano, attualmente adibita a museo.
L’Osservatorio Vesuviano fu il primo istituto al mondo per lo studio dei fenomeni vulcanologici. Fondato nel 1841 per volere di Ferdinando di Borbone ed inaugurato dal direttore Macedonio Melloni, l’edificio è stato un importante avamposto per il monitoraggio dell’attività del Vesuvio. Raccoglie oggi collezioni di rocce e minerali, foto e filmati d’epoca, gouches e stampe del Vesuvio, medaglie di lava e la strumentazione utilizzata dagli eccellenti studiosi e vulcanologi che si sono succeduti alla sua guida. E’ possibile visitarlo ogni giorno negli orari stabiliti. Tutte le info sono riportate nella pagina ad esso dedicata curata dall’INGV.
L’edificio abbandonato che si trova poco prima dell’ingresso del museo, visibile anche all’imbocco della strada dell’Osservatorio, dall’ampio cancello bianco ruggine di recente chiuso con un lucchetto, è stato in passato un importante e prestigioso albergo. Inaugurato dall’agenzia turistica inglese Thomas Cook and Son, l’Hotel Eremo, era a servizio dei tanti turisti che, in visita al Vesuvio, desideravano vivere l’ebrezza di dormire all’ombra di un vulcano attivo. Diversamente da come si presenta oggi, il Vesuvio allora era in continuo fermento. Almeno così è stato fino al marzo del 1944, anno dell’ultima eruzione. La struttuta ricettiva era facilmente raggiungibile dalla vicina Pugliano attraverso l’impianto della ferrovia vesuviana. Superato il tratto a più ripida pendenza grazie all’ausilio di una motrice e di una cremagliera, il trenino, che dà il nome al sentiero numero 8, sostava nei pressi dell’Eremo per consentire la salita/discesa dei numerosi turisti. Da qui proseguiva verso la stazione inferiore della Funicolare che si arrampicava lungo il ripido pendio del cratere fino alla stazione superiore. Oggi di Funicolare e Ferrovia Vesuviana non restano che poche testimonianze ed una celebre ed allegra canzone, Funiculì Funiculà, scritta nel 1880, in occasione dell’inaugurazione dell’impianto a fune, da Giuseppe Turco con musica di Luigi Denza.
Dopo l’obbligatoria tappa al Museo dell’Osservatorio, ritornando sulla strada principale, quella per intenderci del ristorante Zi Rosa, occorre continuare la salita proseguendo verso destra. La statale numero 114 è ben asfaltata e procede, dopo un tratto sostanzialmente rettilinio e di media pendenza, con una serie di tornanti. Sarà così fino a quota 800. Superato il ristorante Dolce Atmosfera, dopo un centinaio di metri, si noterà a sinistra un cancello verde quasi sempre chiuso. Si tratta dell’accesso al sentiero n°3 del Parco del Vesuvio noto come del Monte Somma. E’ un sentiero molto bello da cui è possibile imboccare ulteriori cammini ed esplorare diversi punti del parco, alcuni notevoli per l’unicità dei paesaggi che consentono di ammirare.
Arrivati a quota 800 non sarà più possibile proseguire in auto. Gli ultimi km prima di imboccare il sentiero del Gran Cono sono infatti interdetti al traffico automobilistico. Si tratta di una vera e propria novità implementata nell’ultimo anno dal comune di Ercolano. Un varco presieduto da alcuni operatori segna la fine del percorso. Il personale informa che occorre parcheggiare le automobili lungo la strada sulla destra, un’arteria di qualche chilometro che conduce alla terrazza del Paradiso, un tempo sede della stazione inferiore della funicolare. Il parcheggio costa 5€ e negli orari di punta è piuttosto difficile trovare un posto libero negli stalli delimitati dalle strisce blu, se non percorrendo diverse centinaia di metri. Le tariffe sono ovviamente differenziate a seconda del mezzo: 5€ per un auto o un bus fino a 9 posti, 15€ per un bus oltre i 9 posti con massa inferiore alle 5 tonnellate, 50€ se la massa del bus supera le 5 tonnellate, 3€ per un motociclo.
Parcheggiata l’auto a questo punto le opzioni sono due, procedere a piedi, percorrendo i circa 2 km di asfalto in ripida salita che conducono all’imbocco del sentiero del Gran Cono, oppure pagare 1€ a persona per prendere una piccola navetta che fa la spola fra la zona parcheggi ed il piazzale di quota mille. Il biglietto si compra sul posto presso un botteghino improvvisato sotto un piccolo gazebo parasole. Ovviamente se si vorrà prendere il bus al ritorno saranno due i biglietti da acquistare. Non è finita qui. Arrivati al piazzale di quota mille, per imboccare il sentiero occorrerà mettere nuovamente mano al portafogli. Il biglietto questa volta costa 10€ a persona e prevede un servizio guida. A questo punto è possibile incamminarsi lungo le pendici prossime al cratere per un sentiero sterrato e protetto da una palizzata in legno. L’ascesa è molto piacevole. I tornanti che ci si troverà a percorrere non sono eccessivamente impegnativi ed il panorama sul Monte Somma, diviso dal Vesuvio dalla valle del Gigante, che ad Ovest prende il nome di Atrio del Cavallo aiuterà a sentire un pò meno la fatica. Si scorgerà fra gli altri il Colle Umberto, posto all’orizzonte in posizione dominante e sede del museo dell’Osservatorio Vesuviano descritto poco fa. Raggiunta la casetta del presidio Permanente Vulcano Vesuvio, adibita alla vendita di souvenir ed al riposo degli operatori, si potrà fruire del servizio guida che accompagna solitamente piccoli gruppi, costituiti su base linguistica, per un tratto della passeggiata. Gli affacci all’interno della bocca vulcanica sono molto suggestivi: si riconosceranno le diverse stratificazioni laviche e numerose fumarole. Il panorama complessivo, accennato a tratti durante la salita, è qualcosa di indescrivibile e da solo vale la visita.
L’escursione è assolutamente sicura. L’intero percorso è protetto e non sono consentite deviazioni. Il giro completo del cratere, così come già argomentato in un precedente post, non è possibile. Fino a poco tempo fa non era possibile proseguire scendendo dal versante ottavianese fino alla stazione Imbò, dubitiamo che ora lo sia. Con molta probabilità occorrerà ancora accontentarsi di arrivare alla Capannuccia per godere di un bellissimo scorcio della città di Pompei, prima di invertire marcia e percorrere l’intero cammino a ritroso fino a raggiungere nuovamente l’area di sosta di quota 800. Non dimenticate di indossare scarpe comode, di portare una giacca per proteggersi dal vento, che in alcuni giorni soffia molto forte, e dell’acqua. Se li avete, anche dei bastoncini da trekking possono esservi di grande aiuto.