Il primo marzo del 1944 il Vesuvio, per la quarta volta dall’inizio del secolo, manifestava i segni dell’imminenza di un’eruzione. L’11 marzo una parte del conetto di scorie centrali crollò nel camino vuoto, innescando un’intensa attività all’interno del cratere. Il 21 marzo un articolo non firmato apparso sul quotidiano “Il Risorgimento” riportava: “Da sabato notte, come abbiamo annunziato, il Vesuvio è in una importante fase di eruzione che è proseguita nella giornata di ieri, facendo dilagare dal cratere incandescente migliaia di tonnellate di lava.”
Avanzando lentamente, il fiume di roccia fusa giunse il 18 marzo a minacciare gli abitati di San Sebastiano al Vesuvio e Massa di Somma. A complicare il momento storico delicatissimo, che vedeva l’occupazione del Meridione da parte delle forze alleate, le vicissitudini delle popolazioni alle pendici del vulcano costrette all’inevitabile evacuazione. Una lucida descrizione di quanto stava accadendo a San Sebastiano ce la fornisce Norman Lewis, ufficiale alleato a seguito dell’esercito americano, nel suo libro diario “Napoli 44”: “Al momento del mio arrivo la lava stava avanzando piano piano lungo la strada principale del paese e a cinquanta metri dalla grande massa di detriti in lento movimento alcune centinaia di persone, per lo più in nero, stavano inginocchiate in preghiera.” Molti attribuiranno proprio ad un intervento divino l’arrestarsi del flusso lavico e la completa interruzione dell’attività vulcanica registrata il giorno 29 marzo.
Sono passati 70 anni da allora. Anni di ricostruzione che hanno regalato un nuovo volto non solo ai comuni di San Sebastiano al Vesuvio e Massa di Somma, sepolti in parte dalla lava, ma all’intera area vesuviana; anni in cui il rischio legato alla presenza del vulcano è cresciuto, ma paradossalmente il ricordo della sua passata attività si è assopito. A tenerlo in parte vivo solo la memoria dei pochi anziani che spesso, con gli occhi lucidi, si soffermano, ancora impressionati, sull’immagine della lava in movimento. Alcuni ne parlano come se ancora la vedessero fluire, altri con venerazione, come se avesse un’anima, quella dei luoghi inglobati e pietrificati per sempre. Il rapporto fra abitanti e Vesuvio è però tutt’altro che idilliaco e sereno: il ricordo appare spesso confuso, viziato da sofferenza ed emozioni, il più delle volte infastidisce soprattutto chi ha stabilito alle pendici del vulcano la propria dimora. Ma a 70 anni dall’ultima eruzione il Vesuvio fa ancora paura? Può lo strumentale silenzio dei più costituire un’implicita ammissione di colpa, celando la consapevolezza dei tanti danni operati ad un territorio cresciuto male ed a dismisura?
Certo gli strumenti di tutela ci sono, ma non mancano le difficoltà nell’applicarli. “Dal 1997 ad oggi sono pervenute all’Ente Parco ben 2000 ordinanze di richieste di demolizione a fronte solo di 35 abbattimenti”, ammette l’ex Presidente, ora Commissario straordinario del Parco Nazionale del Vesuvio, Ugo Leone, in una recente intervista. L’abusivismo è una piaga innegabile, purtroppo non è l’unica, si fonde con la triste realtà dei numerosi rifiuti abbandonati, delle chances negate, delle potenzialità mortificate. Aprire un tavolo di discussione che possa stimolare la curiosità storica ed al contempo fornire un momento di confronto sulle più recenti tematiche che riguardano l’area, appare quanto mai un atto necessario.
Il convegno mira dunque, ripercorrendo le vicende più significative del Vesuvio nei suoi settant’anni, a partire proprio dall’evento drammatico dell’ultima eruzione, ad una riflessione più acuta su quanto si è fatto e quanto ancora c’è da fare. In tale ottica le vicende del marzo ’44 fungono da spartiacque rompendo la continuità temporale ed avviando il periodo, per molti di decadenza, per altri di inevitabile evoluzione, che ci ha condotti ad oggi.
Recuperare la memoria e riconoscere la specificità e la vulnerabilità dell’area vesuviana appaiono elementi essenziali per mitigare il rischio ed affrontare serenamente e consapevolmente, nel segno della tutela e del rispetto, il futuro.
Svolgimento della serata
La serata del 20 dicembre si svolgerà secondo due distinti momenti: il primo lascia ampio spazio ai relatori, il secondo è di confronto e dibattito.
Personalità eterogenee si alterneranno dunque improntando il discorso sulle specifiche competenze maturate. A supporto degli interventi è prevista la proiezione di materiale iconografico in forma di fotografia e video.
Sono previsti interventi di:
• Giuseppe Rolandi – Prof. Ordinario di Vulcanologia presso l’Università di Napoli “Federico II”
• Angelo Pesce – Geologo e Divulgatore
• Giovanni Gugg – Antropologo
• Bernardo Cozzolino – Conservatore dei Beni Culturali, Storico del vesuviano
• Umberto Saetta – Ambientalista e Guida Esclusiva del Parco Nazionale del Vesuvio
Il secondo momento si svolgerà nella forma di “tavola rotonda” con un dibattito articolato intorno a immagini e frammenti video particolarmente significativi. La tavola rotonda sarà moderata in modo da garantire un equo bilanciamento dei tempi tra i partecipanti.
Saranno invitati a intervenire:
• Giuseppe Capasso – Sindaco di San Sebastiano al Vesuvio
• Antonio Zeno – Sindaco di Massa di Somma.